lunedì 23 febbraio 2015

La speranza ha due bellissime figlie: lo sdegno e il coraggio… Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle Pablo Neruda



        Il 3, 4 e 5 marzo si svolgeranno, per tutto il Comparto del Pubblico Impiego, le elezioni per il rinnovo delle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU).

        Sentiamo e comprendiamo le ragioni del disagio, nonché il senso di distacco, di disaffezione e di sfiducia che vivono le lavoratrici ed i lavoratori nel rapporto con le Rappresentanze Sindacali che,  indipendentemente dai livelli “partecipativi” che si misurano e si riscontrano ad ogni passaggio elettorale, pensiamo non possono chiaramente essere elusi, ignorati e rimossi.
Farlo, secondo noi, significherebbe non tener conto di quella crisi di rappresentanza e rappresentatività che investe tutto il mondo del lavoro, e non solo, oggi più che mai soggetto ad un’aggressione in nome di una crisi, di cui non si è responsabili, che tende a peggiorare e comprimere le condizioni di vita, i bisogni materiali ed immateriali, oltre che a ledere e cancellare i diritti e la dignità delle persone.   

        In questi anni, sotto il peso della crisi, delle dissennate e aggressive scelte politiche, economiche e sociali dei vari governi di Centro-destra e di Centro-sinistra, e delle cosiddette “Larghe Intese”,  abbiamo visto e vediamo peggiorare le nostre condizioni di vita e di lavoro; una realtà divenuta sempre più frammentata e  precarizzata in ogni aspetto della vita, un mondo del lavoro che assiste e vive un  senso di solitudine, di emarginazione e di smarrimento, anche per l’assenza di un’adeguata forma di rappresentanza politica, sociale e sindacale in grado di incidere e modificare i rapporti di forza esistenti.
Ciò ha contribuito e contribuisce ulteriormente a determinare un clima di passivizzazione, di assenza di coesione umana e sociale, nonché di divisione nei luoghi di lavoro, ma non solo, dove sembra essersi smarrito quel senso di appartenenza, quell’essere e divenire comunità e quel valore e sentimento di solidarietà che sono stati ed hanno rappresentato nel tempo la forza e la coscienza del Movimento dei Lavoratori.

        Riteniamo, malgrado le elezioni per il rinnovo delle RSU abbiano rappresentato, e tuttora purtroppo rappresentano, per le strutture e gli apparati sindacali, solo un’occasione per ridefinire o rafforzare equilibri e rapporti di potere, interni ed esterni, che questo appuntamento possa divenire, invece, occasione e strumento per riflettere e intervenire tutte/i insieme, sul senso e la ragione stessa dell’essere e dell’agire sindacale.

        Ripensare questo significa voler adoperarsi direttamente per cercare di promuovere, ritrovare e realizzare una nuova attiva partecipazione, per riappropriarci di una ragione, di una cultura e di un’iniziativa capaci di agire in tutti i luoghi,  non solo per difendere e migliorare le condizioni di vita e di lavoro, azioni comunque necessarie ed ineludibili, ma anche per rivendicare, riaffermare e tutelare diritti e la stessa dignità umana e professionale di quelle/i lavoratrici/lavoratori che, malgrado i molteplici disagi e le profonde difficoltà, stanno operando in difesa del Bene Pubblico e, per quanto ci riguarda più da vicino, in difesa di quel Diritto alla Salute sancito dalla stessa Costituzione ed oggi fortemente minacciato, se non completamente rimesso in discussione, nel suo principio e Valore Universalistico.

        Sempre più evidente, infatti, sta divenendo l’intreccio di interessi politici, economici e finanziari che tendono a far sì che quelli che sono stati, e ancora dovrebbero essere, beni e diritti fondamentali e primari a difesa del sistema di tutele e della qualità di vita delle persone (sanità, istruzione, casa, trasporti, ecc.) siano progressivamente definanziati, depotenziati e, di fatto, smantellati, nel tentativo di trasformarli in merce od occasione per corruttele ed esclusivi interessi privatistici e di profitto (v. Mutue, Fondi Integrativi, Assicurazioni private) se non di natura criminale, come emerso anche dalle cronache legate alle indagini su “Mafia-capitale”, in quell’intreccio e quel legame melmoso tra affari e politica che ha visto pseudo cooperative, economie locali e organizzazioni criminali, costruire un sistema di speculazione e sfruttamento,  anche del disagio e del bisogno delle fasce sociali più deboli.

        Ogni giorno come lavoratrici, lavoratori della sanità e come cittadini/utenti assistiamo al continuo abbandono, degrado e depotenziamento dei Servizi e delle Strutture Socio-Sanitarie Pubbliche.
Tutto ciò non fa che generare un senso di scoramento, avvilimento e disaffezione che deriva, non solo dal fatto di veder mortificate continuamente competenze, saperi e professionalità, ma dalla sensazione, forse non ancora divenuta piena coscienza e consapevolezza, che quanto si sta, di fatto,  realizzando e compiendo, è la definitiva cancellazione di quel Diritto alla Salute inteso, non come semplice assenza di malattia, ma come Benessere Psico-Fisico della Persona, in risposta ai bisogni di prevenzione, cura e riabilitazione, così come era previsto e sancito dalla Legge 833/78.

        Riteniamo che le problematiche, le criticità, i disagi e le difficoltà che quotidianamente ci troviamo a vivere non siano frutto del caso, ma conseguenza diretta di una serie di fattori che divengono funzionali al disegno più generale di depotenziamento e smantellamento del Servizio Socio Sanitario Pubblico, all’interno di un processo di privatizzazione della Sanità, a tutto vantaggio del sistema privatistico/assicurativo.

Recenti dati Censis hanno rilevato che, solo nel 2013, la spesa privata per la Sanità è arrivata circa a 27 mld, 3 mld  solo per il pagamento dei ticket (10% in più in due anni). Inoltre, circa 10 milioni di persone rinunciano alle cure a causa delle difficoltà economiche.
Tutto questo mentre prosegue il Blocco delle assunzioni e del Turn Over e procede senza sosta l’utilizzo delle “Esternalizzazioni” e degli appalti con ulteriore aumento dei costi e precarizzazione, sfruttamento e conseguente dequalificazione delle attività e dei servizi pubblici.
Solo tra il  2009 e il 2013, inoltre, il personale sanitario si è ridotto del 3,38% con circa 23.500 operatori in meno; 32mila operatori sanitari italiani (su un totale di 670mila) hanno contratti precari.
Se si guarda al solo personale infermieristico, in base agli Standard Europei, in Italia ne mancano almeno 60.000 e di quelli attualmente in servizio circa 30.000 sono precari (Fonti del Ministero della Salute) e, questo, mentre con la Legge di stabilità del Governo Renzi verranno realizzati ulteriori tagli lineari (circa 3mld direttamente dal Fondo Sanitario e 4mld di tagli alle Regioni, 2 dei quali per la spesa sanitaria) la revisione dei LEA, che la stessa Corte dei Conti ha recentemente dichiarato a  rischio proprio per l’assenza di adeguati e sufficienti investimenti.
Bastano questi dati per comprendere che quello che stiamo vivendo è in realtà un vero passaggio epocale che tende a trasferire e a cancellare definitivamente diritti e a trasformare in “merce” la Salute delle persone.

        Tale processo, portato avanti nel corso di questi anni, ha determinato ulteriori tagli dei posti letto, oltre ai 70.000 già tagliati dal 2000, senza che, nel contempo, venisse realizzata un’effettiva programmazione legata ai bisogni e alle esigenze di salute della popolazione e, soprattutto, in mancanza di un potenziamento dei Servizi Socio-Sanitari Territoriali (Assistenza Domiciliare, Cure Primarie, DSM, Ser.T., TSMREE, Consultori Familiari, ecc.). Ciò avrebbe favorito i necessari processi e le politiche di deospedalizzazione e di Integrazione Socio-Sanitaria, arginando così anche i notevoli accessi che si riscontrano attualmente nei Pronto Soccorso e nei Presidi Ospedalieri stessi e che le tanto propagandate “Case della Salute” non potranno certamente contenere se, nel contempo, non verranno affrontate le vere questioni di fondo.

        Solo attraverso un’analisi ed una visione d’insieme pensiamo si possa riuscire a comprendere la  natura e la gravità dei problemi che ogni giorno ci troviamo a dover affrontare.
Il blocco delle assunzioni e del turn over sta rendendo sempre più gravoso, non solo garantire livelli qualitativi e quantitativi di assistenza umani e dignitosi, ma sta comportando condizioni di insostenibilità ed invecchiamento nella popolazione lavorativa delle Strutture e dei Servizi Socio-Sanitari Pubblici (in Italia, il Pubblico Impiego registra l’età media più alta d’Europa – circa 50 anni).
Si dovrebbe tener conto, quindi, che continuare a sottoporre le lavoratrici e i lavoratori a ritmi massacranti e disumani,  con turni che arrivano anche a 14/17 ore, soprattutto nei reparti ospedalieri, e con lo strumento dello straordinario divenuto sempre più, contrariamente alle normative contrattuali e di legge, elemento di programmazione ed organizzazione ordinaria del lavoro, mette a rischio la loro stessa salute e sicurezza, nonché quella dei cittadini-utenti.
Il persistere di tali condizioni rischia di esporre le/gli stesse/i all’aumento delle malattie professionali nonché a condizioni di “stress lavoro correlato” che può arrecare danni psico-sociali o fisici ed è tra le cause più comuni di malattie e si manifesta nel momento in cui le richieste provenienti dall’ambiente lavorativo eccedono le capacità stesse dell’individuo nel poterle fronteggiare (Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro).
        Per questo riteniamo vergognoso ed inaccettabile che, ogni qual volta si “scopre” un collasso presso un qualsiasi Pronto Soccorso, con letti e pazienti costretti a sostare ore o giorni nelle sale d’attesa o nei  corridoi, si lancino grida e campagne sensazionalistiche che sono solo frutto dell’ipocrisia di quei manipolatori e venditori di menzogne che, per nascondere le proprie e le altrui responsabilità, negano e cancellano memoria e, soprattutto, le vere ragioni di questo stato di cose.

        Anche in tema di politiche di gestione delle Risorse Umane e Professionali abbiamo assistito nel corso degli anni a comportamenti e provvedimenti arbitrari e discrezionali (v. mobilità, trasferimenti, collocazioni, ecc.) dettati da logiche e criteri clientelari, favoritismi o, peggio, da condotte ritorsive, ricattatorie e vessatorie, lesive non solo dei diritti ma della stessa dignità umana e professionale delle lavoratrici e dei lavoratori, provvedimenti che nulla hanno avuto a che fare con le criticità dei servizi e con le esigenze e i bisogni di salute delle persone.
Questo, in aperto contrasto, se non in violazione, con le stesse indicazioni e gli orientamenti espressi nei Piani Operativi regionali che prevedevano la ricognizione del Personale e la riorganizzazione dei servizi, delle strutture e delle attività sulla base delle risorse umane e professionali realmente disponibili.
Riteniamo, per tutto ciò, ancor più inaccettabile che si continuino oggi a scaricare sulle operatrici e sugli operatori le difficoltà e le  criticità già presenti nelle varie Strutture e nei Servizi Socio Sanitari nonchè il peso di carenze, di contraddizioni, di scelte e di quella mala gestione che, come Cobas dell’Asl Rm/D, andiamo segnalando e denunciando  sin dal 2008 (anno di nascita) attraverso atti, documenti ed interventi pubblici.
Peraltro, intervenire per “affrontare” oggi le suddette criticità, attraverso l’utilizzo della “mobilità d’urgenza”, come elemento ordinario di organizzazione del lavoro, oltre ad essere in aperto contrasto e in violazione con le leggi e le normative contrattuali vigenti, non ha fatto altro che acuire i disagi e le difficoltà presenti nei vari Servizi.

        Mentre le lavoratrici ed i lavoratori vivono questa condizione, assistiamo al continuo, strumentale e pretestuoso attacco ai lavoratori del Pubblico Impiego che, peraltro, vedono i loro contratti bloccati dal 2009, con una perdita media del potere d’acquisto di circa 9mila euro dal 2010 al 2014, di cui 3mila solo nell’ultimo anno. Questo avrà incidenza ed effetti futuri anche sul ricalcolo del sistema pensionistico, prefigurando un ulteriore impoverimento della popolazione.

        Il distacco tra questa realtà e la propaganda vergognosa del Governo Renzi, che ha voluto far credere che gli 80 euro sarebbero serviti alla “ripresa” del Paese, viene sempre con più forza alla luce e si rivela oggi come un inganno e una beffa.
      
        Questo, riteniamo, sia purtroppo solo l’inizio di un’ulteriore aggressione che troverà nella riforma della Pubblica Amministrazione, attraverso i Decreti Attuativi e nelle norme sul Jobs Act, strumenti di pressione, ricatto, intimidazione, inasprendo ancor più le minacce di provvedimenti disciplinari, di mobilità selvaggia e demansionamento, sino a rendere il licenziamento come possibilità ordinaria.

        Già da tempo stiamo assistendo alla trasformazione di quelle che fino a ieri erano considerate opportunità, diritti e forme di tutela per le persone e per le stesse famiglie e che, oggi, hanno perso il loro significato e valore originario al punto da finire per essere considerate e renderle “privilegi” e, a volte, applicate sulla base di meccanismi e criteri di discrezionalità, con il rischio di divenire strumenti di ricatto e arbitrio, determinando, in questo modo, una condizione di sudditanza e sottomissione nei confronti di coloro che ne fanno legittima richiesta.
Basti pensare allo strumento del Part time che, peraltro, non comporta alcun onere per l’Azienda o ai congedi parentali per la L.104/92, con la pretesa di una loro programmazione che risulta essere contrastante e contraddittoria con i principi della legge stessa.
Si ricorda che forme di tutela e di opportunità, come il Part time, in molti paesi europei vengono incentivate ed incoraggiate, non solo come supporto alle funzioni familiari, ma come investimento e risorsa umana e sociale.
Questi sono solo alcuni degli aspetti di quel lento ed inesorabile processo tendente da tempo a cancellare sempre più diritti e tagliare servizi pubblici già fortemente penalizzati.
Da dieci anni a questa parte il lavoro pubblico e la pubblica amministrazione sono stati il salvadanaio dei vari governi attraverso i tagli a servizi e al personale, al blocco del rinnovo dei Contratti Pubblici, con ricadute e ripercussioni sulla contrattazione decentrata ridotta ormai, a colpi di decreti legislativi e dall’irrilevanza delle risorse economiche finanziarie a disposizione, all’impotenza, se non all’insignificanza, con il taglio alle nostre retribuzioni, con il blocco delle progressioni orizzontali e degli avanzamenti di fascia economica, ecc..

        Ci avviciniamo, dunque, alle prossime elezioni per il rinnovo delle RSU in questo clima di attacco alle lavoratrici e ai lavoratori e al loro potere di acquisto e contrattazione.
Come Cobas, insieme a tutto il Sindacalismo e ai Movimenti di Base, si è cercato di contrastare questa deriva con iniziative, manifestazioni e scioperi, ma siamo ben consapevoli, pur nella necessità di tali forme di lotta, dell’insufficienza e dell’inadeguatezza delle risposte date rispetto ad uno scenario che richiederebbe la costruzione di un ben più ampio fronte sociale, sindacale e politico in grado di contrastare quelle politiche che stanno generando malessere, angoscia, solitudine, insicurezza e inquietudine nel tessuto umano e sociale di un paese colpito sempre più da ingiustizie e disparità profonde, disoccupazione, precarizzazione ed emarginazione delle fasce più deboli della società, private e saccheggiate ormai di ogni tutela e di ogni diritto.

        E questo in una realtà e in un mondo che vedono i ricchi diventare sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

        Riteniamo che a ciò abbiano contribuito, e ne portino la responsabilità, anche quelle forze sindacali “maggiormente rappresentative” Cgil,  Cisl e Uil, che nel corso degli anni hanno, dapprima attraverso accordi contrattuali ridicoli, poi, al di là dei toni e delle iniziative rituali e di facciata, assistito “inerti” alla cancellazione di tutte le conquiste realizzate negli anni passati attraverso le lotte delle lavoratrici e dei lavoratori. (v. art. 18, precarizzazione del lavoro, riforma del sistema pensionistico, ecc.).
Pratiche, modalità consociative, se non compromissorie, in un quadro economico, politico, governativo e padronale che ha finito per trasformarne la vera ragione di esistere e il loro stesso valore per divenire, a volte, meri carrozzoni consociativi e autoreferenziali, lontani dai bisogni, dai diritti, dalle condizioni di vita e di lavoro di coloro che dichiarano di rappresentare: le lavoratrici e i lavoratori.
Ciò li ha resi incapaci  di definire e rappresentare una reale strategia, una pratica e un progetto credibile in grado d’incidere minimamente nell’attuale quadro dei rapporti di forza esistenti.

        Come Cobas, pur partendo da una critica profonda e radicale di questo stato di cose, nel rivendicare l’essere ed un agire “Altro”, restiamo convinti che le RSU rimangono tuttora uno strumento fondamentale di partecipazione, di confronto e crescita di tutte le lavoratrici ed i lavoratori.

Perché tale strumento possa essere ancora in grado di rappresentare le idee, le ragioni, i bisogni, i diritti e le istanze delle lavoratrici e dei lavoratori vi è, però, la necessità di recuperarne e riaffermarne un ruolo, in modo libero, autonomo ed unitario e una sua reale capacità e volontà di iniziativa e di rappresentanza e rappresentatività.
Le resistenze, le inadeguatezze, se non persino le ambiguità, frutto ed espressione spesso di logiche e di pratiche di apparati politico/sindacali e/o aziendali, che si sono sempre manifestate, finendo per limitarne e condizionarne l’azione e l’iniziativa, possono essere maggiormente arginate e contrastate attraverso la partecipazione ed il protagonismo attivo delle stesse lavoratrici e dei lavoratori ai quali tale strumento appartiene.
Oggi più che mai per contrastare un’idea ed una concezione padronale, autoritaria ed autocratica della Cosa Pubblica che vede, di volta in volta, Funzionari e/o Organismi di Direzione comportarsi ed agire come dei veri e propri “padroncini”, grazie anche al collateralismo di qualche settore ed apparato sindacale, è necessario saper intervenire ed interpretare la complessità della realtà che viviamo quotidianamente, denunciando e respingendo ogni pratica e modalità consociativa, spartitoria, clientelare, ricattatoria e quelle “trattative occulte” che spesso si praticano, mosse solo a difesa di qualche spicchio di potere e/o di interesse (v. Incarichi, Posizioni Organizzative, Trasferimenti, ecc.). 

        Con questo spirito, come Cobas dell’Asl Rm/D, senza indulgere in semplificazioni e in facili ed inutili giudizi elogiativi,  riteniamo che il tentativo portato avanti nell’ultimo anno dalla RSU sia stato, pur con tutti i limiti e le difficoltà, un primo fatto positivo e possa essere considerato l’inizio di un percorso e di un  processo democratico e partecipativo, che dovrà essere ulteriormente sviluppato e rafforzato. In tale  processo siamo stati e ci sentiremo sempre impegnati, cercando di lavorare per quella necessaria ricomposizione sociale che va dal mondo del lavoro e non, alle Realtà e ai Movimenti del Territorio, per realizzare quell’idea di Comunità di uomini e donne che, autonomamente e liberamente si batte per affermare i propri diritti e le proprie aspirazioni.  

        Ed è anche nello spirito  di questo percorso che abbiamo scelto di inserire nelle nostre liste candidati indipendenti, quindi non necessariamente iscritti alla nostra Organizzazione Sindacale, ma che sentono di condividere con noi il senso e la ragione di un essere e di un agire sindacale “Altro”. 

        Come Cobas dell’Asl Rm/D, ribadiamo la nostra volontà di impegnarci, al di fuori di qualsiasi opportunità e compatibilità politico/sindacale/aziendale, per costruire e favorire la crescita e lo sviluppo di una reale, libera ed autonoma rappresentanza delle lavoratrici e dei lavoratori tutte/i e per cercare di costruire un altro modello sociale, culturale e politico di relazioni tra le persone.

        Il nostro agire non ha mai voluto essere, e mai lo sarà, espressione di una “delega”, ma impegno, passione e ragionamento costante e quotidiano, per cercare di realizzare insieme a tante e tanti altre/i processi e percorsi di democrazia partecipata e per ripensare e ridisegnare, non solo l’organizzazione del lavoro, ma l’intero sistema di relazioni umane e sociali, i tempi ed i modi stessi della vita delle persone, per una diversa qualità del vivere.
                      

                                       Cobas Asl Rm/D


Febbraio/Marzo 2015

Nessun commento: